Lilia Derenzini
1° classificata
La notte di San Lorenzo
L’infinito
mi ruba
lo sguardo
su di un manto
tremolante
di stelle
frammenti
di sogni
nell’afa
di agosto
la luna
intesse ricami
sul Ticino
è la notte
di San Lorenzo
per il mio involto
di sogni innamorati
tra i tetti
di Travacò
l’universo
è immobile
in questo
piccolo mondo
tra due fiumi
mi attrae il silenzio
l’involto si apre
ne escono frasi
mai dette
cose non fatte
rubate alla
vita di sempre
dalla luna di agosto.
Cristiano Comelli
2° classificato
Carcere,
casa dei miei fallimenti,
le sbarre come primo,
invalicabile limite,
d’un’esistenza,
al di là d’ogni regola.
La penna come prima,
vera amica
estensione di sublimi pensieri,
che sempre ho nascosto al mondo.
Arma per sparare parole,
sul mio passato,
nauseabondo come il lezzo,
che promana da cadaveri decomposti.
Un raggio di sole,
penetra le sbarre fredde,
come sogni nudi.
vestiti da illusioni.
E gioco a pensare
Di poter ritornare a vivere
senza vergognarmi.
Salvatore Masullo
3° classificato
Morte di una madre afgana
Lo sguardo smunto e senza pace
sul frutto tuo che al seno allatti,
nutrice non più gravida di linfa
sull’arsa terra che conduce a morte.
Palme chiare scavate dagli stenti,
denti in fuori a mordere la rabbia,
rami secchi agli angoli degli occhi
e un velo di tessuto che ricopre
quel breve gocciolar che bagna il viso.
Nostalgie di fiumi e d’argini fecondi,
di noviluni spesi intorno a’sacri fuochi
quando l’eco delle danze e dei tamburi
vibrava forte nei visceri terreni
fin dentro la tua stanza ove cullavi,
al canto di guerrieri generosi,
i tuoi sogni primitivi di fanciulla.
Ricordi antichi di un’età svanita
nell’avida terra, tra l’aride pietre,
di gesta superbe non più cantate,
di nenie tribali divenute pianti,
di madri fiere dentro le capanne…
Ora solo i gemiti a vagar sugli altipiani,
di questa Kandahar che non ha più voce
né terre su cui tracciare solchi,
né piante di cui godere i frutti,
né sogni, né memorie familiari.
Nubi polverose sui declivi
spinte dal vento secco di stagione
ove il respiro tuo s’impiglia
e annaspa tra i bagliori del tramonto.
La pelle cede e ha un ultimo sussulto
al labbro ritmato del tuo frutto
che succhia dai tuoi seni inariditi
la speme d’un futuro cancellato.
E allora volgi il guardo tuo morente
sui campi un tempo sazi di granduro
ove l’immago tua rivedi ancora
tra le braccia vigorose dei tuoi avi…
Umberto Vicaretti
4° classificato
Ninos de rua
(Ai “ragazzi di strada” del Brasile)
Ninos de rua
figli del vento e delle stelle
(giorni e sorrisi strappati al buio ed al silenzio
soffio misterioso della vita)
ninos de rua rubano il sole
a Rio
in Avenida Presidente Vargas.
Ninos de rua
argento vivo corrono giocano
come gli altri ninos ridono perfino
solo a volte un poco tristemente.
Ninos de rua
imprendibili folletti
intralciano giardini e plazas
corrompono la vista di Rio meravigliosa.
Ma questa notte
il piede dei soldati batterà le strade
e all’alba splenderanno indenni
nette avenidas e superbe aiole
(concimate col sangue dei bambini
concimate col sangue caldo dei bambini!...).
Ah! ninos de rua
carne senza memoria
grido inascoltato della terra!
Io non sono che un poeta
e altro non ho per voi che le parole:
ora che la notte è più profonda
(più non vi duole il cuore né brucia la ferita)
venite invisibili a percorrere
immemore e leggero il passo
le strade della terra.
Entrate nella nostra vita
(ignoti vi sono il rancore e la vendetta)
e insieme agli altri ninos senza nome
dolcemente e per sempre
(per sempre) conquistate il mondo.
Fausto Serpagli
5° classificata
Alta Val Taro
Oasi che spuma
salubre e squisita
è incantevole il paese
che disseta la mia vita.
Con i stupendi tramonti
posso godervi i silenzi
il cantare dei grilli
cinguettii diversi
serenate d’amore.
Profumi, sapori d’un tempo
armonie diffuse nell’aria
voli planari nel cielo
diletto e piacere dei sensi.
Nei suoi boschi ridenti
c‘è la cinciallegra che canta
mentre la libellula danza
la gioia di vivere.
Dimensione sublime
di un mondo sereno
dove i doni del cielo
gusto di più.
Quà vi scorre un torrente
dai flutti e gorgoglii festosi
par voglia dire
la vita è bella quassù.
Martina Segre
6° classificata
Noi, piccoli grandi homini
Piccoli.
Sì! Piccoli e insignificanti
Ci hanno definiti così, in tanti.
Io sono piccola, è vero
ma insignificante non lo sarò mai.
La mia voce risuona nell’aria.
Il mio passo accarezza la terra.
I miei occhi non sono mai sazi.
La mia vita và oltre una serra.
Non smetterò mai di ascoltare.
Non rinuncerò mai a parlare
nemmeno se un giorno sarò costretta a bisbigliare.
Dirò sempre ciò che penso
anche se potrà sembrare senza senso.
Sono piccola, è vero.
Ma ho una cosa grande davvero: il pensiero.
Katia Marionni
7° classificata
Nonno
Vorrei sapere come sei
dentro la tua corteccia dura
silenzioso
eppur così vivo
nei ricordi di una bambina.
Vorrei vedere
se ti ricordi com’era
quella bimba
che ti cercava ogni momento.
che ti sorrideva.
Nonno
avrei voluto dirti
molte più cose,
ma il tempo ci ha ingannato
e ora
posso solo ricordare com’eri
e ciò che hai lasciato
immortale;
ieri agli occhi di quella bimba,
oggi
nel cuore di questa donna.
Maria Clara Quinale
8° classificata
C’era una volta
Quando la notte i pensieri
sono stelle
che in lenta mutazione
vanno a scivolare
in una vecchia cascina,
ricordi smussati
diventano vita.
Inchioda tempo il pensiero
e rivedo la regina delle risaie,
con le gambe a mollo, china,
e la pelle bruciata…
sotto la grande caplina
nascondeva bellezza
aspra e selvaggia,
che servile
accomunava alla fatica.
Ora la ritrovo solamente
nelle tele
d’un pittore d’altri tempi,
e come triste Arlecchino
ricucio di ricordi
l’abito del tempo che cambia
mentre il mio pensiero
semina nostalgie nel cascinale
dove anche le vecchie case
sbadigliano
e il cielo, malinconico,
guarda specchi d’acqua
rinverdire, senza canti.
Maurizio Rizzo
9° classificato
Il perché delle cose
Lo specchio rifletteva immagini distorte
e pensavo a quante cose son già morte
ho una casa su un monte inesistente
dimora dei sogni, della vita, della mente
Volavo, schivando i peccati e le passioni
sopravvivevo a sole, venti e alluvioni
sapevo il perché delle cose tutte
finché un giorno non le avete distrutte
E i bei pensieri, i sogni, l’atmosfera
chiudendo gli occhi ne facevo primavera
i paradisi, gli inferni e una terra
fantasie di pace, nessuna guerra.
Ho offerto il bene senza chiedere niente
ho avuto dolore per anima e mente.
E or mi rimane sfregiata la schiena
il sangue che sembra un fiume in piena
nello specchio c‘è la smorfia del mio viso
allorché le ali mi hanno reciso.
Elisa Ferrari
10° classificata
Un giorno, da piccola, guardai mio nonno scrivere.
«Frenesia di mani legate
Perfidi e solenni semi di morte
Cadono nell’inganno di una pioggia innocente
S’innalzano lamenti di fumo nefasto
E docce di silenzio omicida
Squarciano titanica bestialità.
Uccelli a cui solo una gabbia può dare libertà
Schiudono gli occhi sul consueto niente
In una notte a cui non seguirà mai più la luce di un sole».
Sorrideva.
Immaginavo stesse scrivendo una poesia meravigliosa.
– Nonno, che stai scrivendo? – gli chiesi.
– Tanti sorrisi che ho dimenticato lungo la strada – rispose.
– Capisco… il numero che hai scritto sul braccio…
Io intitolerei la poesia
«130.604: I sorrisi che devo recuperare»
Tu che titolo avevi in mente? – gli chiesi –
Sorrise ancora più profondamente.
In Silenzio… rispose:
– Stupidamente, avevo deciso di intitolarla:
«AUSCHWITZ» –